Premio

Origine del premio

Il premio culturale e musicale "Rossetti-Montano" nasce e si sviluppa a Corleto Perticara (PZ) per volontà della Pro Loco Corletana con intento commemorativo e promozionale, al fine di valorizzare i nuovi fenomeni culturali che si sviluppano in ambito nazionale ed internazionale.

Nello specifico, esso pone l'attenzione sulle personalità che intrecciano, nella propria attività di studio, la ricerca, il recupero e la valorizzazione della cultura musicale tradizionale.

Rocco Rossetti e Pietro Paolo Montano rappresentano infatti un riferimento importante per la cultura nazionale, musicale e storica.

Arpista

Rocco Rossetti

Rocco Rossetti nasce a Corleto Perticara (Pz) l'8 agosto 1926. Dal carattere introverso e profondamente umile, durante la sua vita si è guadagnato da vivere alternando vari lavori a seconda della stagione e delle esigenze del momento, ad esempio nel fare il muratore, l'imbianchino o il contadino.

La sua passione per la musica nasce all'età di sei anni, quando suo nonno Pasquale Capobianco lo avvicina per la prima volta all'arpa. Pasquale, che all'epoca era a capo di un'orchestra di musicanti del luogo, nei decenni precedenti era emigrato a New York, dove era solito esibirsi nei saloni da barbiere e caffè. Al ritorno in Italia portò con sé un'arpa classica positiva, che successivamente donò a suo nipote.

La prima arpa di Rocco fu un'arpa portativa, la tipologia di arpa usata dai musicanti girovaghi viggianesi, più comunemente chiamata "arpicella" (arpicedda in dialetto). Dal suo nome ben presto intuiamo che si tratta di un tipo di strumento dalle dimensioni ridotte, tant'è che contava dalle 12 alle 14 corde, quindi molto più agevole nel trasporto; in più non prevedeva la presenza dei pedali.

Rocco non fu un musicante girovago per professione, in quanto i suoi spostamenti si limitavano a zone non tanto distanti, nell'allietare feste, serenate, matrimoni, novene natalizie e anche funerali. Non sapeva leggere la musica e apprendeva tutto ad orecchio, tant'è che sulla tavola armonica della sua arpa aveva attaccato ai piedi di ogni corda dei pezzetti di cerotto con su scritti i nomi delle note. Il suo vasto repertorio viaggiava dai brani più popolari, ad esempio tarantelle, valzer, quadriglie e pastorali, ai brani d'opera. La sua versatilità ed ecletticità era difficile da contenere durante le suonate che più rispecchiavano i suoi temi.

Durante gli anni '60-'70 iniziò per lui una fase di distacco dall'arpa, incentivata dalle ormai nuove tendenze dell'epoca, tant'è che in un pomeriggio di un inverno molto rigido arrivò addirittura a bruciare il suo strumento. A Corleto circola anche un'altra storia, non verificabile, per la quale si sostiene che Rocco la bruciò durante una cena particolarmente "movimentata". A quel punto Rocco cercò di rimanere al passo con i tempi e passò alla fisarmonica, lo strumento più in voga per invogliare al ballo.

La svolta arrivò quando nel luglio del 1985 la sua arte venne scoperta da un gruppo di studiosi, in cui spicca il nome del prof. Giuseppe Michele Gala, etnomusicologo e antropologo della danza fiorentino, attualmente docente liceale, universitario e di conservatorio. Da quegli interventi documentati, con le successive registrazioni finalizzate al recupero del suo repertorio, Rocco e l'arpa vivono una seconda vita, che lo porta a godere di una certa fama locale e all'esibirsi sempre più in pubblico. L'arpa che lo ha accompagnato in questa seconda fase è proprio quella del suo defunto nonno, alla quale ha poi asportato alcune corde e i pedali per renderla diatonica e portativa. In estate era anche solito recarsi sul litorale metapontino, chiedendo in cambio delle suonate bevute e qualche spicciolo.

"A Tosca". È questo il soprannome che a Corleto gli diedero per via di una sua esibizione in trasferta dove suonò un brano della nota opera lirica di Giacomo Puccini.

Questo successo che stava riscontrando lo stupiva e inorgogliva, era per lui una sorta di rivincita esistenziale nei confronti di una vita precaria ed arrangiata in varie attività di sopravvivenza. Senza questa ricerca e questo studio demoetnoantropologico forse non avremmo mai conosciuto il suo valore e non avremmo dato la giusta rilevanza a un fenomeno che in quegli anni viveva il suo processo di marginalizzazione, di cui Rocco ne è stato testimone indiscusso.

La sua morte è datata 19 marzo 2004.

Avvocato e violinista

Pietro Paolo Montano

Pietro Paolo Montano nasce a Corleto Perticara (Pz) il 25 gennaio 1929 da Mario Vespucci e Angela Maria Vitale. Durante la primissima infanzia si trasferisce a Guardia Perticara, paese natale del padre nonché centro delle sue varie attività. Mario, oltre ad essere maestro muratore, disponeva di una fornace, finalizzata alla produzione di calce e mattoni, di un frantoio oleario e di una cantina vinicola.

Fin da giovane Pietro Paolo si è distinto per la sua inclinazione allo studio, ottenendo brillanti risultati al ginnasio di Potenza prima e all'Università degli Studi di Napoli Federico II poi, dove ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza nel 1954. La sua vita lo ha visto protagonista come avvocato, professore, giudice di pace e sindaco. Una personalità poliedrica, uno studioso appassionato, un promotore della storia locale e grande amante della musica.

La passione per la musica gli viene trasmessa dalla madre, suonatrice di mandolino. Il repertorio che il piccolo Pietro Paolo iniziò ad apprendere è sia quello colto che quello popolare. Nella sua conoscenza musicale ha giocato un ruolo rilevante lo stesso Pasquale Capobianco, nonno di Rossetti, da cui spesso si recava già dalla tenera età di 5-6 anni per ascoltare le sue suonate.

Pietro Paolo, musicante per passione e per diletto, ha imparato a suonare vari strumenti: il mandolino, l'organo, il pianoforte, la fisarmonica, ma soprattutto il violino, quello a lui più caro e appreso grazie alla similarità della cordiera con quella del mandolino. L'acquisizione della conoscenza musicale rispecchiava le modalità della cultura popolare, ovvero la memorizzazione ad orecchio e l'incorporazione della melodia pur non sapendola trascriverla o leggerla.

Pietro è stato anche protagonista dell'attività di ricerca degli studiosi etnomusicologi che da Firenze giunsero a Corleto nel 1985. In tale occasione Pierino fu uno dei partner musicali che accompagnarono Rocco Rossetti durante le suonate documentate dal prof. Gala, ma non solo. Il suo interesse per il repertorio musicale tradizionale lucano lo spinse ad essere attivo sostenitore di varie attività di recupero del patrimonio etnomusicologico locale.

Numerosi sono stati i suoi contributi nel campo della ricerca musicale e antropologica. Partendo dall'età giovanile, spicca quello frutto delle indagini svolte dal Movimento Comunità di Adriano Olivetti negli anni '50. Tra tutte assume un ruolo centrale la ricerca scientifica condotta dalla Scuola dell'Arpa Viggianese, coordinata dalla prof.ssa Sara Simari. Dal costante confronto nasce un legame di profonda stima, attestato dalla sua presenza in una masterclass tenutasi durante l'edizione 2017 della Rassegna dell'Arpa Viggianese, al fianco di un'altra importante figura della musica popolare locale, Luigi Milano.

Un excursus dei suoi contributi:

  • informatore e guida, insieme a suo fratello Antonio,durante le indagini sociologiche del Movimento Comunità di Adriano Olivetti a Guardia Perticara nel corso dei primi anni '50;
  • testimone diretto delle rilevazioni etnomusicologhe effettuate dal prof. Gala a Corleto e dal prof. Giannattasio a Guardia negli anni '80 e di recente dal M° Graziano Accinni;
  • informatore in occasione di una ricerca antropologica a cura di Simonetta Grilli sulla comunità corletana a Poggibonsi, in Toscana;
  • sostegno nello studio condotto dal prof. Alliegroconcernenti i fatti del 12 luglio 1920, noti come "la rivolta del grano";
  • testimone diretto degli studi musicologi svolti dall'ArpaViggianese e coordinati dalla prof.ssa Sara Simari.

Risuona di musica popolare il suo romanzo "La casa in piazza" (Ed. Menna - Avellino) pubblicato nel 1978, costellato di serenate, ninna nanne, filastrocche e canti devozionali. Attraverso tali sonorità racconta il ritmo della cultura tradizionale in cui affondano le radici della sua identità.

Pierino ci lascia il 24 settembre 2019.